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[shop id=3811]Abbiamo incominciato a maggio dell’anno scorso, con la pubblicazione di
Ambulanza 13 – La guerra in trincea, sceneggiato da Patrick Cothias e Patrice Ordas per le illustrazioni di Alain Mounier, a rievocare il centenario della Grande Guerra, l’immane conflitto che, tra il 1914 e il ’18, trasformò l’Europa in un insensato mattatoio.
All’epoca,
dedicammo un ampio post di approfondimento a questo vibrante e dolente volume – il diciannovesimo della collana “Historica” – derivante da un romanzo letterario scritto dalla stessa coppia di sceneggiatori del
graphic novel.
Ma nella redazione di Mondadori Comics non abbiamo smesso di cercare altre opere che potessero restituire la potenza tragica di una vicenda storica capace di riplasmare in vari modi l’immaginario collettivo non solo dell’Occidente, ma dell’intero pianeta.
[shop id=5422 class=alignright] Cinque mesi fa, sul numero 26 di “Historica”, vi abbiamo, così, proposto
La Grande Guerra – Scontro tra imperi, traduzione italiana di un’epopea in tre parti intitolata originariamente
Le temp du rêve (“Il tempo del sogno”) e incentrata sull’arrivo in Europa del contingente australiano, impiegato dal comando britannico prima sullo stretto dei Dardanelli e poi in Francia.
Concepito dallo sceneggiatore Stéphane Antoni e dal disegnatore Olivier Ormière (col contributo di Virginie Blancher alla parte cromatica),
La Grande Guerra – Scontro tra imperi evidenzia come, nel fetido pantano di quell’orrore sconfinato, ci furono popoli che vi andarono in cerca della propria identità e del proprio destino. E riuscirono a trovarlo, a prezzo, però, di uno sconsiderato sacrificio di sangue.
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![Alcune sequenze di "Scontro tra imperi" © Delcourt]()
Alcune sequenze di "Scontro tra imperi" © Delcourt[/caption]
[shop id=6295] Il mese scorso – sul numero 30 di “Historica” – è stata, poi, la volta de
La Grande Guerra – Il pilota dell’Edelweiss, scritto da Yann e illustrato da Romain Hugault, due firme ormai ben note ai lettori che frequentano abitualmente le testate edite da Mondadori Comics.
Il primo, infatti, ha curato gli intrecci e i testi del thriller fantapolitico
Empire USA (serializzato in sei volumetti, nel formato F423) e, affiancando ancora una volta Hugault, ha sceneggiato
Il Gufo Reale – Battaglie nei cieli, ambientato durante la Seconda guerra mondiale e inserito sul quinto volume di “Historica”. Il secondo, dal canto suo, ha dato prova di invidiabile maestria nella riproduzione di aeroplani militari e di mezzi corazzati anche ne
L’ultimo volo – Sfida oltre le nuvole, storia di due aviatori che, prima come amici e in seguito come rivali, vengono catapultati, coi loro velivoli, nella lotta contro le forze del Terzo Reich (un intenso romanzo grafico che potete reperire sul numero 11 di “Historica”).
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La Grande Guerra – Il pilota dell’Edelweiss torna agli albori dell’aviazione, quando i sogni del Positivismo ottocentesco – che vedeva nello sviluppo tecnologico una fonte di progresso illimitato per lo spirito umano – e le speranze della Belle Époque si andarono a infrangere contro la logica del conflitto armato inteso come “igiene del mondo” e l’arroganza nazionalista propagandata dai governi.
La storia di Henri e Alphonse Castillac, due fratelli gemelli, provetti piloti dell’aviazione francese, che si ritrovano ad affrontare un asso germanico – spettro oscuro che incombe sulle loro esistenze macchiate da colpe e peccati indicibili – va, da questo punto di vista, a rievocare le glorie superbe e amare di eroi reali.
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Quella, per esempio, di Roland Garros, pilota francese che nel 1913 effettuò la prima traversata del Mediterraneo a bordo di un aeroplano, dalla Provenza fino alle coste della Tunisia, senza effettuare scali. Fu Garros, nel 1915, ad avere l’idea di posizionare una mitragliatrice sulla parte anteriore di un veicolo alato, ideando un sistema di sincronizzazione tra sparo e giro d’elica di cui riuscì a impadronirsi, studiandolo e perfezionandolo, l’ingegnere olandese Anthony Fokker per conto dell’aviazione imperiale tedesca.
Le industrie Fokker costruirono, tra l’altro, il triplano di Manfred Von Richthofen, il leggendario Barone Rosso, che riuscì ad abbattere ottanta aerei avversari e che resta ancora oggi sinonimo di pilota provetto.
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Sul fronte italo-austriaco – apertosi nel 1915, quando l’Italia, firmataria del patto segreto di Londra con le nazioni della Triplice intesa, abbandonò la neutralità – si fece onore, invece, il maggiore Francesco Baracca, vincitore di trentaquattro duelli aerei e pilota di quel Nieuport 17 (gioiello delle industrie Macchi) sul quale, per omaggiare il corpo di Cavalleria del Regio esercito di cui faceva originariamente parte, dipinse un cavallo nero rampante. Un simbolo che la madre di Baracca, la contessa Paolina de Biancoli, anni dopo donò all’ingegnere Enzo Ferrari come portafortuna per le sue intraprese automobilistiche.
Roland Garros (a cui è stato dedicato lo stadio che ospita gli Open francesi di tennis), Manfred Von Richthofen e Francesco Baracca erano veri e propri cavalieri del cielo, dotati di un codice di comportamento signorile che li faceva assomigliare a dei paladini medievali fuori tempo massimo.
Morirono tutti e tre nel 1918, ultimo anno del conflitto, mentre a terra i soldati che li vedevano affascinati volteggiare tra le nuvole e i fumi delle battaglie, contavano già milioni di caduti.
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Mondadori Comics renderà un ulteriore omaggio ai misconosciuti protagonisti di quest’
epos folle e maledetto sul numero 32 di “Historica”: un volume dal titolo
La Grande Guerra – 1914-1918: il soldatino, scritto da Éric Corbeyran (co-sceneggiatore di
9/11 – Attentato alle Torri Gemelle e ideatore di un episodio di
XIII Mystery) e disegnato da Etienne Le Roux.
Inutile dire che anche se “Historica” è fin dalla sua nascita orientata verso i prodotti della
bande dessinée transalpina – incentrati, quindi, quasi sempre sulle vicissitudini del fronte franco-tedesco – nel caso delle storie legate alla Grande Guerra le tremende privazioni e gli assurdi eccidi patiti dai fanti nelle trincee hanno avuto tratti talmente similari da divenire, in ogni caso, emblematici di una spaventosa condizione umana.
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Anche l’esercito italiano, così come accadde agli schieramenti militari delle altre nazioni belligeranti, dovette soggiacere – oltre che alle insidie nemiche – a ordini privi di senso, a strategie antiquate, a una filosofia guerresca ossessionata dagli eventuali tradimenti e incapace di comprendere lo stress psicologico a cui i soldati erano sottoposti, in uno scenario che li poneva di fronte all’atrocità di armamenti e di strumenti di distruzione mai visti o impiegati prima di allora.
Il generale piemontese Luigi Cadorna, fin dal 1915 capo di stato maggiore del Regio esercito, non esitava a ricorrere alle esecuzioni immediate per i soldati in preda al panico che si rifiutavano di uscire dalle trincee durante gli assalti o alle decimazioni delle truppe accusate di insubordinazione.
Una situazione che mutò in maniera sensibile nel novembre del 1917, dopo la disfatta di Caporetto, quando le forze italiane furono costrette a ripiegare di ben centocinquanta chilometri dinanzi alla furia degli austro-ungarici, riuscendo infine ad attestarsi sulla linea del fiume Piave.
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Fu allora che il governo nazionale tolse il comando a Cadorna per affidarlo al generale Armando Diaz, un napoletano di origini spagnole che comprese quanto fosse necessario rendere chiare ai militi le finalità della guerra, sostenendo, al contempo, il loro morale e il loro benessere materiale.
Diaz aumentò le paghe, rafforzò gli avvicendamenti sul fronte per permettere agli uomini di riposare, coinvolse intellettuali e musicisti nella realizzazione di riviste e canzoni che potessero spezzare lo sfinimento e la frustrazione che allignavano nelle trincee.
Fu il generale stesso a chiedere a un altro napoletano, Ermete Giovanni Gaeta (conosciuto col nome d’arte di E.A. Mario e autore, un quarto di secolo dopo della celebre
Tammurriata nera) di scrivere un componimento musicale di stampo patriottico che potesse sostenere il morale dei soldati.
Ne venne fuori
La leggenda del Piave, canzone simbolo, per gli italiani, della Prima guerra mondiale e della sua aura da “Quarta guerra d’Indipendenza”. Le sue note e i suoi versi (
Il Piave mormorava/ calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti, il ventiquattro maggio…) accompagnarono il contrattacco del Regio esercito contro gli austro-ungarici, fino alla vittoria definitiva di Vittorio Veneto, il 30 ottobre del 1918.
In quei giorni, Armando Diaz scrisse una lettera all’autore della canzone, dicendogli: “Mario, la vostra
Leggenda del Piave al fronte è più che un generale!”
La leggenda del Piave cantata da E.A. Mario in persona